Salisburgo: il Mozart siderale di Trifonov


Alessandro Cammarano
18 May 2024

(18 maggio 2024)Giochi d’ombre, rimandi, allusioni: l’impaginato del concerto “Tutto Mozart” della Deutsche Kammerphilharmonie Bremen guidata dal suo direttore principale Paavo Järvi e con Daniil Trifonovsolista al pianoforte è stato tutto giocato sulle sospensioni dando vita ad un pomeriggio per certi aspetti davvero memorabile, anche se con qualche distinguo qua e là.

La compagine tedesca si caratterizza per un suono particolarmente brillante e questo giova non poco alla Sinfonia in Re Maggiore K. 297 (300a) “Parisier” che il ventiduenne Mozart compose per su commissione di Joseph Legros direttore del Concert Spirituel ed ebbe la sua prima esecuzione il 18 giugno 1778.

Mozart intercettò, con grande acume e con certa qual malizia, il gusto del pubblico parigino – come farà Haydn qualche anno più tardi – ricorrendo a soluzioni  di sicura presa sull’uditorio, tanto che in una lettera al padre scrisse di aver inserito nel mezzo dell’Allegro iniziale un passaggio che era sicuro sarebbe piaciuto e così era stato tanto che aveva dovuto bissarlo immediatamente.

Järvi coglie perfettamente l’effervescenza di una pagina scritta per piacere, restituendola all’ascolto attraverso scelte di tempi e soluzioni ritmiche improntate ad una brillantezza che gioca con se stessa in un costante gioco di allusioni dinamiche.

Dopo il ghiotto hors-d’oeuvre parigino e stato il momento del piatto forte, il Concerto per pianoforte in Do Maggiore K. 503, capace di aprire un passaggio verso una dimensione altra, permettendo di esplorare mondi di sublime bellezza.

Protagonista assoluto Daniil Trifonov, capace di compiere un ulteriore passo avanti restituendo all’ascolto la pagina attraverso un’interpretazione siderale nella quale il suono trova le sue radici ultime, descrivendo senza alcuna retorica semplicemente se stesso e la sua universalità.

Il fraseggio è caleidoscopico, i pianissimi – a tratti al limite dell’udibile eppure così sonori – sono stranianti, soprattutto nell’Andante centrale in cui le eco delle Nozze di Figaro e del “Contessa perdono” – evocato ma non espressamente citato –  sono rese attraverso impercettibili scarti di metronomo.

Gli applausi, travolgenti, giungono dopo un attimo di silenzio, come se il pubblico dovesse ritrovare se stesso dopo tanta bellezza e il pianista russo regala come bis l’Adagio dalla Sonata KV 332 trasportando di nuovo tutti nell’empireo.

Dopo la pausa è stata la volta della Sinfonia in Do Maggiore  K. 551 “Jupiter” e qui si deve dar conto dei “distinguo” cui si accennava sopra.

Dell’ultima delle sinfonie di Mozart Järvi offre una lettura smagliante nelle sonorità ma povera nei contenuti, quasi salottiera, ricercando il suono bello a scapito di quello vero, e questo in totale contrasto con quanto ascoltato nel K 503: la “Jupiter” è un testamento spirituale e il suo Andante cantabile è una meditazione profonda e malinconica, solo in parte stemperata dal Menuetto e dal Molto allegro che seguono, ma questo aspetto non sembra interessare al direttore. Il pubblico comunque ha gradito.

A totale assoluzione di Järvi, ove ce ne fosse bisogno, la Valse triste di Sibelius eseguita come bis e resa con affettuosa tensione oltre che con una familiarità capace di coglierne ogni più intima sfumatura.

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