Festival di Lubiana: Paavo Järvi in concerto con la Filarmonica di Monaco
operaclick.com
Paolo Bulio
2.07.2018
Dopo la brillante inaugurazione del Festival di venerdì sera, il primo concerto di luglio ha visto protagonisti Paavo Järvi sul podio della Münchner Philharmoniker e il pianista Piotr Anderszewski, impegnati in un programma molto interessante, vario e complessivamente non troppo inflazionato.
Il concerto si è aperto con la controversa Sinfonia in Re minore “Nullte” di Anton Bruckner che ascoltavo dal vivo per la prima volta. Si tratta di un lavoro in cui, per quanto in fieri, si possono già individuare gli elementi fondanti del sinfonismo bruckneriano, nonostante l’autore stesso abbia mostrato una certa disaffezione per questa composizione scritta nel 1863: una certa magniloquenza, certo, ma anche un’avvolgente ispirazione melodica mi sono sembrati i tratti salienti di una pagina dall’architettura musicale forse non troppo equilibrata ma comunque coinvolgente.
Strutturata nei classici quattro movimenti, mi pare di poter dire che la sinfonia alterni momenti di grande suggestione ad altri in cui emerge una certa sensazione di routine, certo di altissimo livello, ma complessivamente meno convincenti.
Eccellente, invece, l’interpretazione di Paavo Järvi il quale, con gesto di rara pulizia, attentissimo alle dinamiche e concedendo poco o nulla all’esteriorità, ha guidato a una prova formidabile l’orchestra che ha brillato in tutte le sezioni per compattezza di suono e precisione anche negli attacchi più scoperti.
La seconda parte della serata prevedeva l’esecuzione del Concerto per pianoforte n. 3 in mi maggiore di Béla Bartók.
Esempio paradigmatico di compositore e pianista, Béla Bartók è uno dei grandi geni del Novecento e, per certi versi, mi è sembrato che la pagina musicale, scarna ed essenziale, abbia trovato un interprete ideale in Piotr Anderszewski che è parso sin troppo controllato nell’esecuzione, ovviamente impeccabile dal lato tecnico, che forse avrebbe tratto giovamento da un brio maggiore, soprattutto nel rondò finale che è scivolato via senza troppe emozioni. Ottimo il dialogo con l’orchestra, ben sostenuto da Järvi, che anche in questo caso è riuscito a lasciare un’impronta personale in particolare nel secondo movimento, permeato di raccoglimento e solennità.
Ancora la musica del Novecento protagonista nella terza parte del concerto, seppure le radici risalgano a una delle icone della musica tedesca dell’Ottocento e cioè il mai troppo lodato Carl Maria von Weber.
La Sinfonische Metamorphosen di Paul Hindemith è una composizione peculiare di difficile collocazione perché di ispirazione complessa e variegata. Vi si alternano passi quasi jazzistici (in particolare nel secondo movimento) ad altri che ricordano una certa ripetitività grottesca cara a Šostakovič passando attraverso momenti quasi da magniloquente sinfonismo del Bruckner di cui sopra.
Impossibile non spendere, in questo caso, un encomio per le prime parti - legni e fiati, nello specifico - della straordinaria orchestra tedesca, ancora una volta brillantemente guidata da Paavo Järvi.
La recensione si riferisce al concerto del 1 luglio 2018.
Paolo Bulio
2.07.2018
Dopo la brillante inaugurazione del Festival di venerdì sera, il primo concerto di luglio ha visto protagonisti Paavo Järvi sul podio della Münchner Philharmoniker e il pianista Piotr Anderszewski, impegnati in un programma molto interessante, vario e complessivamente non troppo inflazionato.
Il concerto si è aperto con la controversa Sinfonia in Re minore “Nullte” di Anton Bruckner che ascoltavo dal vivo per la prima volta. Si tratta di un lavoro in cui, per quanto in fieri, si possono già individuare gli elementi fondanti del sinfonismo bruckneriano, nonostante l’autore stesso abbia mostrato una certa disaffezione per questa composizione scritta nel 1863: una certa magniloquenza, certo, ma anche un’avvolgente ispirazione melodica mi sono sembrati i tratti salienti di una pagina dall’architettura musicale forse non troppo equilibrata ma comunque coinvolgente.
Strutturata nei classici quattro movimenti, mi pare di poter dire che la sinfonia alterni momenti di grande suggestione ad altri in cui emerge una certa sensazione di routine, certo di altissimo livello, ma complessivamente meno convincenti.
Eccellente, invece, l’interpretazione di Paavo Järvi il quale, con gesto di rara pulizia, attentissimo alle dinamiche e concedendo poco o nulla all’esteriorità, ha guidato a una prova formidabile l’orchestra che ha brillato in tutte le sezioni per compattezza di suono e precisione anche negli attacchi più scoperti.
La seconda parte della serata prevedeva l’esecuzione del Concerto per pianoforte n. 3 in mi maggiore di Béla Bartók.
Esempio paradigmatico di compositore e pianista, Béla Bartók è uno dei grandi geni del Novecento e, per certi versi, mi è sembrato che la pagina musicale, scarna ed essenziale, abbia trovato un interprete ideale in Piotr Anderszewski che è parso sin troppo controllato nell’esecuzione, ovviamente impeccabile dal lato tecnico, che forse avrebbe tratto giovamento da un brio maggiore, soprattutto nel rondò finale che è scivolato via senza troppe emozioni. Ottimo il dialogo con l’orchestra, ben sostenuto da Järvi, che anche in questo caso è riuscito a lasciare un’impronta personale in particolare nel secondo movimento, permeato di raccoglimento e solennità.
Ancora la musica del Novecento protagonista nella terza parte del concerto, seppure le radici risalgano a una delle icone della musica tedesca dell’Ottocento e cioè il mai troppo lodato Carl Maria von Weber.
La Sinfonische Metamorphosen di Paul Hindemith è una composizione peculiare di difficile collocazione perché di ispirazione complessa e variegata. Vi si alternano passi quasi jazzistici (in particolare nel secondo movimento) ad altri che ricordano una certa ripetitività grottesca cara a Šostakovič passando attraverso momenti quasi da magniloquente sinfonismo del Bruckner di cui sopra.
Impossibile non spendere, in questo caso, un encomio per le prime parti - legni e fiati, nello specifico - della straordinaria orchestra tedesca, ancora una volta brillantemente guidata da Paavo Järvi.
La recensione si riferisce al concerto del 1 luglio 2018.
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